Una mattina d’estate, un buco nero e…

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Federica Albanesi Staff ha scritto 7 anni fa

Tu sei lì che spingi al minimo il tuo scooter lungo l’Appia Antica deserta, come può esserlo solo una mattina presto d’estate, d’agosto per la precisione e…
No dico, avete presente quella sensazione? Forse solo un romano conosce quel silenzio millenario che avvolge chi si addentra nel cuore della città quando i rilfettori delle notti mondane sono spenti. Quando non ci sono rumori, non c’è musica che esce dai locali affollati di turisti inebetiti e storditi di alcol e bellezza. Quando non ci sono più bottiglie vuote e cartacce per terra perchè è già passato il camionicino della nettezza urbana, ma non circolano ancora macchine, un po’ perchè è domenica, un po’ perchè è una domenica d’agosto. Quando ancora puoi circolare sull’Appia Antica perchè sono le otto del mattino e il blocco pedonale scatta alle dieci.
Non so quanti di voi abbiano presente un momento così, l’aria fresca perchè il sole non è ancora alto e le mura della città preservano il ponentino della notte, il cielo che si rivela terso e limpido mentre la foschia si dirada come stiracchiandosi dopo il riposo notturno.
Probabilmente mi illudo dell’esclusività delle emozioni che regala la mia città, perchè probabilmente ognuno di voi, nel proprio, ha fonti da cui attingere sensazioni così.
E allora, signori miei, se così è, non vi sarà difficle comprendere come da un momento perfetto, dalla cosapevolezza della sua perfezione e unicità, si possa essere catapultati direttamente all’inferno.
Su quel buco nero proprio davanti ai miei occhi, per la precisione.
Era il 16 giugno di quest’anno e la mia giornata lavorativa da direttore di banca stava terminando con quell’operazione tanto fastidiosa quanto pericolosa che è il caricamento dell’ATM, il bancomat per capirci.
Tu pensi che, non effettuando il caricamento ogni giorno, ma decidendolo di volta in volta senza alcuna regolarità nei giorni, nessuno possa immaginare quando avverrà.
Ma quando ti seguono da settimane, studiano ogni tua mossa, osservano chi apre, chi chiude, che giro fa, quanto ci mette e a che ora si inizia a muovere, beh, allora arrivano anche a capire che quel giorno, uscirai con due cassetti carichi di soldi e sarai sola nella sala pubblico, dopo l’orario di chiusura, con tutto il resto del personale al di là del vetro blindato.
Ed è proprio così che è andata.
Le porte dell’ufficio si aprono improvvisamente mentre io sono lì che armeggio con l’ATM ed entrano due ragazzi, casco jet in testa. Uno rimane sulla porta, monitorando le persone dietro al vetro e intimando loro di non muoversi, che nessuno si farà male. L’altro viene verso di me, ed esattamente come in una scena di Pulp Fiction, infila una mano nella tasca interna della giacca ed estrae una pistola che, con un mezzo giro del braccio in aria, mi punta esattamente sul viso.
Ecco possiamo fermarci qui per me.
Su quel mezzo giro del braccio e sulla canna della pistola che mi si ferma davanti agli occhi.
C’e stata tutta la mia vita in quel gesto.
Sono tornata dalll’inferno? O vi sto scrivendo direttamente da quaggiù?
La bellezza della natura, il risveglio di una mattina d’estate, sono lo stargate per dimensioni di vita parallele? O su quello scooter, di mattina così presto, mentre tutti dormono o corrono al mare, io stavo andando da qualche parte quando…

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